Saviano svela il piano dietro l’arresto dei turchi a Viterbo: un tentativo di far evadere il boss Boyun

Il recente arresto di un commando turco a Viterbo ha suscitato un ampio dibattito, alimentato da interpretazioni contrastanti riguardo alle reali intenzioni di questo gruppo. Inizialmente, le autorità italiane avevano ipotizzato un piano di attentato volto a colpire durante la storica sfilata della Macchina di Santa Rosa, un evento che attira ogni anno migliaia di visitatori e autorità. Tuttavia, l’autore e giornalista Roberto Saviano ha offerto una lettura alternativa, suggerendo che l’obiettivo del commando non fosse l’attentato, ma piuttosto un audace piano di evasione per il boss turco Boris Boyun, attualmente detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Mammagialla.

La ricostruzione dei fatti

Il 3 settembre 2025, le forze dell’ordine hanno arrestato due uomini e successivamente altri cinque, trovando armi semiautomatiche e un piano dettagliato che, secondo le prime ricostruzioni, avrebbe potuto trasformarsi in un attacco durante una delle manifestazioni più importanti della città. Tuttavia, Saviano ha messo in discussione questa narrativa, affermando che il commando era lì per assaltare il carcere e liberare Boyun, piuttosto che per colpire i politici o la folla presente all’evento.

  1. Arresto del commando: Le forze dell’ordine hanno fermato un gruppo di uomini armati.
  2. Piano di attacco: Gli arrestati avevano un piano dettagliato per un attacco durante la sfilata.
  3. Dichiarazioni di Saviano: L’autore ha suggerito che l’obiettivo fosse liberare Boyun e non colpire l’evento.

«È poco probabile che l’attentato fosse il vero obiettivo», ha dichiarato Saviano in un tweet, sottolineando che un attacco violento non avrebbe fatto altro che accelerare l’estradizione del boss, rendendo più difficile la pianificazione della sua fuga. Queste affermazioni pongono interrogativi su una questione complessa: perché un gruppo armato si sarebbe avventurato a Viterbo in un momento così critico, se non per tentare di liberare uno dei loro leader?

Il profilo di Boris Boyun

Boris Boyun, considerato uno dei più temuti capi della criminalità organizzata di Istanbul, è noto per il suo coinvolgimento nel traffico di droga e nella tratta di esseri umani. Fondatore della Dalton Gang, un’organizzazione che ha saputo diversificare i propri affari e consolidare potere attraverso omicidi e alleanze strategiche, Boyun ha scelto di stabilirsi nella provincia di Viterbo, un luogo che, secondo Saviano, non sarebbe stato casuale.

Le mafie italiane, in particolare le ‘ndrine calabresi, hanno storicamente collaborato con le organizzazioni turche, creando una rete di affari illegali che si estende in tutta Italia. Saviano evidenzia che i Mammoliti, una delle famiglie mafiose locali, hanno particolari legami con il boss turco, suggerendo che la scelta di Viterbo come rifugio per Boyun potrebbe essere stata influenzata da questi rapporti.

La strategia di evasione

Saviano ipotizza che il commando fosse composto da uomini altamente addestrati, pronti a mettere in atto un piano di evasione complesso e ben orchestrato. L’idea di assaltare il carcere di Mammagialla non sarebbe da escludere, considerando che Boyun è un personaggio di grande valore per la mafia turca e per i suoi alleati italiani.

Inoltre, il carcere di Mammagialla rappresenta un obiettivo strategico, non solo per la sua posizione, ma anche per il regime di detenzione rigoroso a cui è sottoposto Boyun. Il 41 bis, infatti, è un regime penitenziario di massima sicurezza che limita drasticamente le comunicazioni e le possibilità di fuga dei detenuti, rendendo ogni tentativo di evasione estremamente rischioso.

Il timore dell’estradizione

Un altro aspetto che Saviano ha toccato nella sua analisi è la paura di Boyun riguardo a un’eventuale estradizione in Turchia. Secondo lo scrittore, il boss teme possibili ritorsioni da parte del presidente Erdogan e del regime turco, che ha la reputazione di punire severamente i mafiosi che sono stati arrestati all’estero. Boyun, peraltro, avrebbe tentato di mascherare la sua identità etnica, facendosi passare per curdo, per cercare di evitare l’estradizione.

Saviano avanza l’ipotesi che, nonostante i rapporti apparentemente buoni tra Boyun ed Erdogan, il regime turco possa utilizzare la sua cattura come un esempio per mostrare la propria fermezza contro il crimine organizzato. Una volta tornato in patria, Boyun potrebbe trovarsi di fronte a un destino ben diverso da quello sperato, costringendolo a rimanere in Italia e a cercare modi alternativi per garantire la propria libertà.

Conclusioni

La complessità della situazione, con le sue ramificazioni internazionali, mette in luce le interconnessioni tra mafia turca e organizzazioni criminali italiane, sollevando interrogativi su come le forze dell’ordine possano affrontare una minaccia così ben organizzata e determinata. La storia di Boris Boyun, le sue alleanze e i tentativi di evasione rappresentano una narrazione avvincente che merita di essere seguita con attenzione nei prossimi sviluppi.

Change privacy settings
×