Giustizia riparativa: una risposta innovativa alla vendetta dello Stato

La giustizia riparativa sta emergendo come un tema di fondamentale importanza nel dibattito pubblico italiano, sollevando interrogativi sulla funzione del sistema penale e sull’efficacia delle sue misure. Patrizia Patrizi, ordinaria di Psicologia giuridica presso l’Università di Sassari, ex presidente dell’European Forum for Restorative Justice e membro del Direttivo di Nessuno tocchi Caino, invita a riflettere su come gli strumenti di giustizia dovrebbero mirare al cambiamento piuttosto che alla vendetta. Questa riflessione è stata stimolata dalla presentazione del film “Elisa” alla Mostra del Cinema di Venezia, una pellicola diretta da Leonardo Di Costanzo che affronta la complessità del perdono e della responsabilità.

la trama di “elisa”

Nel film, la protagonista, dopo dieci anni di detenzione per l’omicidio della sorella, intraprende un percorso terapeutico con un criminologo per esplorare le motivazioni del suo gesto. Questo approccio inedito, che pone l’accento sull’autore del reato, rappresenta una rottura con la tradizionale attenzione rivolta esclusivamente alle vittime. Patrizi sottolinea che spesso il dibattito sulla giustizia si concentra sul “potere punitivo e vendicativo dello Stato”, mentre sarebbe più utile considerare le opportunità di cambiamento offerte agli autori dei reati.

il modello della giustizia riparativa

Immaginando un sistema carcerario orientato al recupero piuttosto che alla punizione, Patrizi evidenzia che le carceri potrebbero diventare luoghi più dignitosi e meno affollati. Nel film “Elisa”, la protagonista vive in una struttura carceraria immersa nella natura, che offre un ambiente favorevole alla trasformazione personale. Qui, il contesto stesso diventa un fattore di cambiamento, un aspetto che Patrizi considera fondamentale per un approccio riparativo.

La giustizia riparativa si propone come una valida alternativa al processo penale tradizionale, coinvolgendo tanto l’autore del reato quanto le vittime, siano esse singoli, famiglie o comunità. Questo modello si basa sull’idea di “cambiare le lenti”, come afferma il noto esperto Howard Zehr, per passare da un paradigma punitivo a uno relazionale. Quando una norma viene violata, si rompe anche un legame umano, e pertanto è essenziale che l’autore si assuma la responsabilità delle proprie azioni e delle conseguenze che queste hanno avuto sulle vittime.

il percorso di riconciliazione

A differenza della giustizia retributiva, che si concentra sull’idea di punizione, la giustizia riparativa pone l’accento sui bisogni delle persone coinvolte e sull’obiettivo di riparare il danno. Il percorso di Elisa nel film serve da anticipazione di questo processo, in quanto, pur non avendo incontri diretti con le vittime, riesce a rielaborare il suo senso di colpa attraverso il dialogo con il criminologo, trasformando il suo dolore in responsabilità.

Un aspetto cruciale della giustizia riparativa è il coinvolgimento attivo di tutte le parti interessate, dando loro una voce. Attraverso incontri facilitati da un mediatore, l’autore del reato ha l’opportunità di esprimere il proprio punto di vista, mentre la vittima può chiedere chiarimenti, esprimere il proprio dolore e anche rimproverare l’autore. Questo dialogo crea una nuova narrazione condivisa dell’evento traumatico, permettendo a entrambe le parti di lavorare verso una forma di riconciliazione e di superamento del passato.

Patrizi riconosce che il percorso di giustizia riparativa non è semplice, né per le vittime né per gli autori dei reati. Richiede una volontà di affrontare il dolore e la responsabilità, un processo che può essere paragonato a una terapia individuale. Nel film, la tensione tra la protagonista e il criminologo riflette le sfide di questo processo. Tuttavia, il problema principale in Italia non è tanto la riuscita della giustizia riparativa, quanto la mancanza di conoscenza e comprensione di questa opportunità.

Molti continuano a considerare la giustizia riparativa come un vantaggio esclusivo per gli autori dei reati o temono che possa comportare una doppia vittimizzazione per le vittime. Inoltre, le difficoltà di accesso a questi percorsi, spesso dovute alla scarsa informazione tra gli operatori di giustizia, ostacolano ulteriormente l’implementazione di tali pratiche. La realtà attuale del sistema penale italiano non incoraggia l’assunzione di responsabilità o il cambiamento, e gli spazi per incontri riparativi sono ancora limitati.

Il passaggio verso un modello di giustizia che favorisca la riparazione e la riconciliazione richiede un cambiamento culturale. È necessario superare il paradigma punitivo e promuovere un’idea di giustizia che metta al centro le relazioni umane. La giustizia riparativa non è solo una questione di legge, ma un’opportunità per costruire un sistema più umano e giusto, capace di affrontare le ferite del passato e di guardare al futuro con speranza.

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