Tragedia a Bari: neonato trovato morto nella culla termica, rischiano processo parroco e tecnico

Un tragico evento ha scosso la comunità di Bari all’inizio del nuovo anno, portando alla luce gravi responsabilità legate alla sicurezza dei neonati. La Procura di Bari ha richiesto il rinvio a giudizio per Don Antonio Ruccia, parroco della chiesa San Giovanni Battista, e Vincenzo Nanocchio, un tecnico elettricista, accusati di omicidio colposo in relazione alla morte di un neonato di pochi giorni. Questo drammatico episodio si è verificato il 2 gennaio 2025, quando un imprenditore funebre, presente in chiesa per un funerale, ha scoperto il corpo senza vita del piccolo all’interno di una culla termica posta all’esterno della parrocchia.

Le indagini e le cause della morte

Le indagini, condotte dalla squadra mobile di Bari e coordinate dal procuratore aggiunto Ciro Angelillis e dalla pm Angela Morea, hanno rivelato che la morte del neonato è avvenuta per ipotermia. Le evidenze raccolte hanno mostrato che la culla termica non era dotata delle necessarie misure di sicurezza per garantire la sopravvivenza del bambino. In particolare, il sistema avrebbe dovuto:

  1. Attivare un allarme per avvisare il parroco.
  2. Avviare il riscaldamento non appena veniva rilevato il peso del neonato.

Tuttavia, ciò non è accaduto. Il tappetino posizionato sotto il materasso, progettato per registrare il peso del bambino, si è rivelato inadeguato, non riuscendo a rilevare il peso di 2,8 chili del neonato. Inoltre, si è scoperto che il tappetino aveva subito un corto circuito, probabilmente a causa di un blackout.

Negligenze e responsabilità

Le negligenze attribuite ai due indagati sono gravi. Secondo i pubblici ministeri, Ruccia e Nanocchio avrebbero dovuto dotare il sistema di sicurezza di misure aggiuntive, come sensori o interruttori, per garantire un funzionamento sicuro anche in caso di guasto. Questa mancanza ha contribuito a creare una situazione di pericolo mortale per il neonato.

Inoltre, il parroco Ruccia ha affisso un poster all’esterno della culla, il quale indicava un collegamento diretto tra l’allerta generato dalla culla e il locale Policlinico. Ciò ha indotto la comunità a riporre una fiducia ingannevole nel funzionamento del sistema, suggerendo una falsa sicurezza sulla sopravvivenza del neonato. Questo aspetto ha sollevato interrogativi etici e legali su come le istituzioni religiose e i professionisti debbano gestire le proprie responsabilità in contesti così delicati.

Un appello alla sicurezza

Il caso ha suscitato un forte dibattito nella comunità barese e oltre. Molti si chiedono come sia possibile che un sistema progettato per proteggere la vita di un bambino possa avere difetti così gravi e quali misure di sicurezza debbano essere implementate per prevenire simili tragedie in futuro. Gli esperti in materia di sicurezza infantile e ingegneria sono stati interpellati, evidenziando l’importanza di standard rigorosi e controlli periodici per apparecchiature destinate ai neonati.

La prossima udienza preliminare, fissata per il 23 ottobre 2025, rappresenterà un momento cruciale per il proseguimento del caso. La comunità di Bari attende con ansia gli sviluppi, desiderosa di ottenere giustizia per la vita spezzata di un bambino che avrebbe dovuto avere un futuro luminoso davanti a sé.

Questo tragico evento mette in luce non solo le responsabilità individuali di chi gestisce tali sistemi, ma anche la necessità di una riflessione più ampia sulle pratiche di sicurezza riguardanti i neonati. Le autorità competenti sono chiamate a rivedere le normative esistenti e a garantire che tutti i dispositivi utilizzati per la cura dei bambini siano conformi a standard di sicurezza elevati.

La comunità si stringe attorno alla famiglia del neonato, colpita da un dolore incommensurabile. La speranza è che tale tragedia possa fungere da monito per il futuro, affinché episodi simili non si ripetano mai più. La vita di un bambino è sacra e deve essere protetta con il massimo della serietà e della competenza.

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