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François Ozon, regista francese di grande talento, ha intrapreso una sfida ambiziosa portando sul grande schermo “L’étranger” (Lo Straniero) di Albert Camus. Presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, il film si configura non solo come un adattamento, ma come un’interpretazione contemporanea di un classico intramontabile. Ozon afferma: “Sì, lo confesso, è stata una sfida enorme portare sul grande schermo uno dei capolavori più letti al mondo, ma non volevo adattarlo, come ha fatto Luchino Visconti, piuttosto guardarlo con uno sguardo contemporaneo.”
La scelta di Ozon di non seguire le orme di Visconti, che nel 1967 realizzò un film di grande successo con Marcello Mastroianni nel ruolo di Meursault, dimostra l’intento del regista di esplorare il materiale originale con una nuova lente. Ozon desidera esaminare Meursault, il protagonista, non solo come simbolo dell’assurdo, ma come un uomo immerso in un contesto sociale e politico complesso. Il film si svolge ad Algeri nel 1938 e segue la vita di Meursault (interpretato da Benjamin Voisin), un giovane impiegato che partecipa al funerale della madre senza mostrare alcuna emozione. Questa apparente insensibilità è il fulcro della narrazione e segna l’inizio di una serie di eventi che porteranno a un tragico epilogo.
Il cast del film è di prim’ordine, con Voisin che offre una performance intensa nel suo ruolo di Meursault, affiancato da Rebecca Marder, che interpreta Marie, una collega con cui inizia una relazione. La storia prosegue con la quotidianità di Meursault, che viene interrotta dall’arrivo di Sintès (Pierre Lottin), un malavitoso vicino che lo trascina in un mondo di illegalità. In un giorno di caldo opprimente, sulla spiaggia, si verifica un evento che cambierà per sempre la vita del protagonista, portandolo a confrontarsi con le conseguenze delle sue azioni.
Ozon ha scelto di girare il film in bianco e nero, una decisione che non è solo estetica, ma profondamente simbolica. “Tutti i miei ricordi erano appunto in bianco e nero,” spiega Ozon. Questa scelta visiva contribuisce a creare un’atmosfera nostalgica e riflessiva, che permette di immergersi completamente nel mondo di Meursault e nelle sue emozioni, o nella loro mancanza. Non è solo una questione di stile, ma un modo per rappresentare la dualità del mondo che Camus descrive: la luce e l’oscurità, la vita e la morte, la presenza e l’assenza.
Inoltre, il film si distingue per il suo sguardo critico sulla società francese dell’epoca coloniale, evidenziando le complesse relazioni tra i francesi pieds noirs e gli algerini. Ozon racconta: “Lavorando a questo film, ho scoperto che in ogni famiglia francese c’è un legame con l’Algeria. Mio nonno era giudice lì.” Questo legame personale ha influenzato profondamente la sua visione e il suo approccio al materiale, rendendo “L’étranger” non solo un film, ma un viaggio attraverso la memoria storica e culturale.
La questione dell’omicidio di un arabo, che nel contesto del film assume un significato profondo e carico di implicazioni etiche, viene trattata con delicatezza e profondità. L’assenza di pentimento di Meursault, che scandalizza i giurati, diventa il fulcro della sua condanna. La figura di Meursault, un uomo che vive la vita senza convenzioni sociali, diventa simbolo dell’assurdità esistenziale che Camus esplora nel suo lavoro.
In un dialogo cruciale tra Meursault e il cappellano del carcere, il protagonista pronuncia una frase che riassume la sua visione del mondo: “Siamo in fondo tutti colpevoli e tutti condannati a morte.” Questo scambio non solo mette in discussione le convenzioni religiose e morali, ma offre anche una prospettiva disincantata sulla condizione umana. Le parole di Meursault risuonano come un eco delle tematiche esistenzialiste che permeano l’opera di Camus, invitando il pubblico a riflettere sulla propria esistenza e sulle scelte che compie.
Il lavoro di Ozon su “L’étranger” non è solo un tributo a un classico della letteratura, ma anche un’importante aggiunta al panorama cinematografico contemporaneo. Riuscendo a coniugare il passato con il presente, Ozon offre una nuova visione di un personaggio complesso e sfaccettato, invitando gli spettatori a esplorare le domande più profonde e inquietanti della vita e della condizione umana. Con il suo sguardo acuto e la sua sensibilità artistica, Ozon riesce a rendere “L’étranger” un’opera attuale e provocatoria, capace di stimolare riflessioni ben oltre la sua durata.
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