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Il divario di genere nel cinema italiano rappresenta un tema di grande attualità e preoccupazione. Nonostante alcuni miglioramenti, le statistiche rivelano che il settore rimane fortemente dominato dagli uomini. I dati emergono dal quinto rapporto su gender balance in italian film crews, redatto dall’Alta Scuola in Media, comunicazione e spettacolo dell’Università Cattolica, che analizza la situazione fino al 2024. Questo report sarà presentato alla Biennale di Venezia, durante l’incontro “Annual Seminar in Gender Equality and Inclusivity in the Film Industry”, un’importante occasione di discussione su un tema cruciale per il futuro del cinema.
L’analisi ha esaminato undici professioni chiave nel settore cinematografico, rivelando che otto di esse sono in prevalenza occupate da uomini. Questa predominanza maschile è evidente in ruoli cruciali come:
Un dato che colpisce è quello relativo alla regia: l’80% dei lungometraggi italiani è ancora diretto da uomini. Questo indica una resistenza radicata a un cambiamento che, pur essendo in atto, sembra faticare a raggiungere una vera parità.
D’altra parte, la presenza femminile nel cinema italiano è più forte in specifici reparti, come costumi, trucco e scenografia, dove le donne costituiscono rispettivamente il 78%, il 69% e il 57% della forza lavoro. Tuttavia, è interessante notare che i film diretti da donne tendono ad avere budget più contenuti. Circa il 27% di questi film ha un budget inferiore a 200.000 euro. Nonostante ciò, negli ultimi otto anni, il costo medio dei lavori firmati da registe donne è aumentato con una velocità superiore rispetto a quello dei film diretti da uomini, suggerendo una crescente valorizzazione delle produzioni femminili.
Un aspetto significativo emerso dal rapporto è la tendenza delle registe a focalizzarsi maggiormente sui documentari. Tuttavia, tra il 2017 e il 2024 si è registrato un incremento notevole delle fiction a regia femminile, evidenziando che le donne stanno cominciando a esplorare anche generi più commerciali. Questo cambiamento potrebbe indicare una maggiore apertura del mercato e una crescente accettazione delle narrazioni femminili, che storicamente sono state trascurate o marginalizzate.
La presentazione del rapporto alla Biennale di Venezia non è solo un momento di condivisione dei dati, ma un’opportunità per avviare un dibattito su come migliorare la situazione attuale. L’Università Cattolica parteciperà anche ad altri eventi, tra cui “Come valorizzare il cinema italiano: le sfide della formazione”, promosso dal Master Almed in Management dell’Immagine, del Cinema e dell’Audiovisivo (MICA). Questo incontro mira a discutere le sfide e le opportunità nella formazione dei nuovi talenti del cinema, con l’obiettivo di promuovere una maggiore inclusività e diversità nel settore.
Inoltre, il tavolo “Lombardia: una regione per il cinema” si concentrerà sulle politiche regionali e sul supporto alla crescita del settore cinematografico in Lombardia. Questo incontro vedrà la partecipazione di figure chiave come l’assessore regionale alla Cultura, Francesca Caruso, e la direttrice Almed dell’Università Cattolica, Mariagrazia Fanchi. La presenza della sottosegretaria all’Istruzione, Paola Frassinetti, testimonia l’importanza del dialogo tra istituzioni e settore privato per affrontare le sfide del cinema contemporaneo.
In aggiunta ai dati sul gender gap, è fondamentale considerare il contesto più ampio del cinema italiano, che ha affrontato notevoli sfide negli ultimi anni. La sospensione del tax credit ha avuto un impatto significativo sulla produzione cinematografica, portando a un rallentamento che ha colpito sia i film a regia maschile che quelli a regia femminile. Questo scenario richiede un’attenzione particolare e interventi mirati per garantire la sostenibilità del settore e favorire una rappresentanza equa.
La questione della disparità di genere nel cinema non è solo una questione di numeri, ma riguarda anche le storie che vengono raccontate e i punti di vista che vengono espressi. La mancanza di donne in ruoli chiave non solo limita le opportunità per le professioniste del settore, ma impoverisce anche la narrazione cinematografica, privandola di una pluralità di voci e esperienze.
In questo contesto, è essenziale che il settore cinematografico italiano continui a spingere per una maggiore inclusività, non solo per garantire pari opportunità, ma anche per arricchire la cultura cinematografica nel suo complesso. La strada da percorrere è ancora lunga, ma i segnali di cambiamento sono incoraggianti e la discussione deve continuare.
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