Il documentario “Dom”, diretto dal regista Massimiliano Battistella, si presenta come un’opera potente e toccante che racconta una storia di sradicamento e di infanzia spezzata, legata alla guerra in Bosnia e all’assedio di Sarajevo. Debuttato alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia, questo lavoro offre uno spaccato di vita di Mirela, una quarantenne bosniaca ora residente a Rimini, e si erge a simbolo di una lotta più ampia che risuona attualmente in contesti di conflitto come l’Ucraina e Gaza.
Il titolo del documentario, “Dom”, evoca la parola serba per “casa” e sottolinea l’importanza delle radici e dell’appartenenza in un contesto di dislocazione forzata. La storia di Mirela si snoda attraverso un viaggio alla ricerca del suo passato, un passato segnato dalla guerra e dalla perdita. Nel 1992, durante l’assedio di Sarajevo, Mirela e altri 66 bambini furono portati in Italia grazie all’iniziativa della Prima Ambasciata dei Bambini, un’organizzazione che si occupava di bambini in difficoltà. I due pullman che li trasportarono rappresentano per molti di loro una via di fuga da un conflitto devastante.
L’orfanotrofio e il suo significato
L’orfanotrofio Ljubica Ivezic, dove Mirela trascorse parte della sua infanzia, è stato un rifugio per molti minori orfani o in situazioni familiari difficili. Oggi, l’orfanotrofio ha cambiato nome in Djeciji dom Bjelave, ma il suo significato rimane profondo e carico di emozione. Attraverso il documentario, il regista Battistella riporta alla luce i ricordi di quel tempo, utilizzando filmati girati tra Bosnia e Italia che documentano non solo la vita quotidiana dei bambini, ma anche la loro resilienza e la loro capacità di adattamento in un contesto drammatico.
La ricerca di identità e connessione
La ricerca di Mirela non è solo quella di un’identità perduta, ma anche un tentativo di riavvicinamento con sua madre, che l’aveva abbandonata da piccola. Questa dimensione personale e intima rende “Dom” un’opera di testimonianza storica e di esplorazione emotiva. Battistella ha conosciuto Mirela durante le sue ricerche per un altro film e ha deciso di realizzare un documentario su di lei, riconoscendo la potenza della sua storia.
Fratellanza e resilienza
Il documentario non è solo un racconto di sofferenza, ma mette in luce anche la fratellanza e la capacità di reagire alle avversità. Battistella spiega che “ognuno dei ragazzi portati in Italia ha una storia a sé”. Alcuni sono riusciti a tornare a Sarajevo, altri sono rimasti in Italia, ma tutti vivono con un senso di sentirsi “nel mezzo”, come se sentissero un vuoto. Questo vuoto è una costante nelle vite di molti di questi bambini, ora adulti, che si trovano a dover affrontare le conseguenze di un’infanzia segnata dalla guerra.
In collaborazione con Lisa Pazzaglia, un’esperta nell’uso dello psicodramma, Battistella ha creato uno spazio sicuro per l’espressione delle emozioni, rendendo la narrazione ancora più autentica e profonda. Alcuni hanno colmato questo vuoto con un’energia fortissima, mentre altri hanno costruito un muro.
Il documentario “Dom” si inserisce in un contesto globale in cui le storie di conflitti e migrazioni continuano a ripetersi. La storia di Mirela ci ricorda che, nonostante le differenze culturali e geografiche, le esperienze di trauma e resilienza sono universali. La capacità umana di ricostruire se stessi e le proprie comunità è un messaggio di speranza che attraversa le generazioni.
“Dom” non è solo un film, ma un atto di testimonianza e di memoria. La storia di Mirela e di altri bambini come lei ci invita a riflettere su cosa significhi davvero “casa” e su come le esperienze di guerra possano segnare per sempre le vite delle persone. Attraverso il suo lavoro, Battistella ci offre un’importante opportunità di ascolto e comprensione, un invito a non dimenticare le storie di chi ha vissuto l’orrore della guerra e a riconoscere la forza di chi, nonostante tutto, continua a lottare per un futuro migliore.