Hiroshima 80 anni dopo: il potere del cinema nell’affrontare l’incubo atomico

A ottant’anni dai devastanti bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, avvenuti rispettivamente il 6 e il 9 agosto 1945, la memoria di quel tragico evento rimane indelebile nella coscienza collettiva. Le immagini dell’olocausto nucleare hanno segnato profondamente la storia dell’umanità e, per decenni, hanno costituito un deterrente contro il riutilizzo delle armi nucleari. Le notti di paura vissute in America durante la presidenza di John F. Kennedy e il trattato per la deterrenza siglato da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov nel 1987 testimoniano l’impatto duraturo di quegli eventi.

Nel 1983, Reagan, dopo aver visto il film televisivo “The Day After” di Nicholas Meyer, espresse la sua profonda inquietudine dicendo: “Si tratta di un’opera efficacissima, che mi ha lasciato molto depresso […] dal canto mio, mi ha convinto a fare tutto il possibile per non avere mai una guerra nucleare”. Questa affermazione sottolinea il potere del cinema nel plasmare la memoria storica e nel mantenere viva la coscienza collettiva riguardo a una tragedia così immane.

i primi film sull’olocausto nucleare

Il primo film che affrontò direttamente le conseguenze dei bombardamenti fu un documentario del 1946, “The Effects of the Atomic Bomb on Hiroshima and Nagasaki”, realizzato da Sueo Ito. Questo lavoro pionieristico fu seguito nel 1950 da “Le campane di Nagasaki” di Hideo Oba. La memoria di quel giorno si radicò velocemente nel cinema giapponese, con opere come “I bambini di Hiroshima” del regista Kaneto Shindo nel 1952 e “Hiroshima” di Hideo Sekigawa nel 1953, che riflettevano il dolore e la sofferenza inflitti.

Anche in America l’industria cinematografica si confrontò con la decisione fatale di Truman di sganciare le bombe. Nel 1947, Norman Taurog realizzò “La morte è discesa a Hiroshima”, una docu-fiction che documentava i drammatici momenti precedenti l’uso delle armi nucleari. Tuttavia, è con “Hiroshima Mon Amour” del 1959, diretto da Alain Resnais e scritto da Marguerite Duras, che la tragedia assunse una dimensione universale, diventando un monito per l’umanità.

l’evoluzione del tema atomico nel cinema

Nel 1954, il noto mostro giapponese Godzilla emerse come simbolo dell’incubo atomico. Creato da Ishiro Honda, il personaggio rappresenta la conseguenza delle radiazioni e della tecnologia nucleare. Jun Fukuda, uno dei registi della serie, descrisse Godzilla come “la personificazione della violenza e dell’odio per l’umanità”, un simbolo della complicità umana nella propria distruzione.

La Guerra Fredda portò a nuove interpretazioni della paura nucleare, come dimostra “Dottor Stranamore” di Stanley Kubrick del 1964, in cui la satira si mescola con la critica alla follia della corsa agli armamenti. Allo stesso modo, altri registi giapponesi, come Ishiro Honda, continuarono a esplorare il tema dell’atomica, con opere come “Frankenstein alla conquista della terra”.

Negli anni ’70, il cinema inizia a focalizzarsi sulle conseguenze a lungo termine dell’olocausto nucleare. “Hiroshima 28”, diretto da Kong Lung nel 1974, racconta la storia delle vittime di seconda generazione, offrendo una cruda critica sociale. Anche se ci volle del tempo affinché il cinema tornasse a concentrarsi sulla tragedia di Hiroshima e Nagasaki, il manga “Gen a Hiroshima” portò a tre adattamenti live-action e a due celebri anime, contribuendo a mantenere viva la memoria.

un rinnovato interesse per l’olocausto nucleare

I registi giapponesi Shoei Imamura e Akira Kurosawa offrirono una nuova visione degli eventi con “Pioggia nera” (1989) e “Rapsodia in agosto” (1991), trasformando le ferite del passato in un inno alla pace. Nel frattempo, Hollywood si limitò a raccontare una versione edulcorata del “Progetto Manhattan” con “L’ombra dei mille soli” (1989).

Con l’inizio del nuovo millennio, l’interesse per l’olocausto nucleare si rinnovò, evidenziato dalla produzione di documentari come “Hiroshima” (1995) di Koreyoshi Kurahara e Roger Spottiswoode, e da inchieste filmate successive, ispirate anche dal disastro della centrale nucleare di Fukushima nel 2011. Al contempo, il Progetto Manhattan venne esplorato attraverso pellicole che narravano la storia degli scienziati coinvolti nella creazione della bomba, come nel caso de “I ragazzi di Via Panisperna” (1988) di Gianni Amelio, dedicato a Enrico Fermi.

L’ultima opera di Christopher Nolan, “Oppenheimer” (2023), ha riacceso il dibattito su questo tema, raccontando la storia del noto scienziato e del suo ruolo nel progetto nucleare. Mentre i fantasmi di Hiroshima continuano a tormentare le generazioni future, la cultura popolare non ha dimenticato quel fatale 6 agosto 1945. Film, fumetti e canzoni, da John Lennon agli U2, fino ai Nomadi con “Il pilota di Hiroshima”, rievocano un passato che deve rimanere vivo nella memoria collettiva, affinché simili atrocità non possano mai ripetersi.

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