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Un caso di omicidio che ha scosso profondamente la comunità di Gemona del Friuli è emerso nelle ultime ore, rivelando dettagli inquietanti su un delitto pianificato in modo freddo e brutale. La Procura di Udine ha fornito una ricostruzione dettagliata di un crimine familiare avvenuto in un contesto di apparente normalità, coinvolgendo Alessandro Venier, di 35 anni, e le sue due donne: la madre, Lorena Venier, di 61 anni, e la compagna, Mailyn Castro Monsalvo, una trentenne colombiana. Questo caso ha messo in luce dinamiche familiari complesse, culminando in un omicidio aggravato dalla premeditazione e dal legame di parentela tra le persone coinvolte.
La Procura ha identificato Lorena non solo come co-esecutrice materiale dell’omicidio, ma anche come la mente organizzativa del piano. Mailyn, la compagna della vittima e madre della loro bambina di sei mesi, è accusata di aver istigato il delitto. Le confessioni delle due donne sono state fondamentali per le indagini, rivelando un atto concepito in un contesto di violenza domestica e paura.
Dopo il delitto, ciò che ha sorpreso di più è stata la reazione di Lorena: per cinque giorni ha continuato a lavorare come se nulla fosse accaduto, presentandosi regolarmente al suo posto all’ospedale di Gemona. Solo sei giorni dopo, il 28 luglio, Mailyn ha contattato i carabinieri, rivelando l’orrendo crimine. Pare che il peso della situazione sia diventato insopportabile, tanto che, passando accanto al bidone, la giovane madre non ha potuto fare a meno di crollare.
Il movente del delitto è ancora oggetto di indagine, ma Lorena ha dichiarato di aver agito per proteggere Mailyn da un contesto di violenze domestiche che avvenivano da tempo. Ha spiegato al giudice che la situazione era diventata insostenibile e che avevano paura per la loro bambina.
Il racconto di Lorena ha rivelato che Alessandro stava progettando di trasferirsi in Colombia con Mailyn e la loro figlia, un viaggio che, a suo avviso, avrebbe comportato rischi significativi per la compagna. Una frase attribuita a Mailyn avrebbe scatenato la spirale delittuosa: «L’unico modo per fermarlo è ucciderlo». Questa affermazione ha costituito il fondamento dell’accusa di istigazione nei confronti di Mailyn, considerata la mente del piano, mentre Lorena è vista come l’esecutrice più esperta, sfruttando le sue competenze da infermiera.
Durante l’interrogatorio, Lorena ha manifestato preoccupazione solo per la nipotina, lasciando intendere che la sua attenzione fosse rivolta più alla protezione della bambina che a giustificare le sue azioni. L’avvocato di Lorena, Giovanni De Nardo, ha richiesto per lei gli arresti domiciliari, sostenendo che non ci fosse rischio di fuga dato che aveva confessato tutto.
La comunità di Gemona si interroga su come sia potuto accadere un delitto di tale gravità in un contesto familiare apparentemente normale. Chi conosce Lorena la descrive come una professionista seria e dedita al lavoro. Le indagini continuano, con la polizia e la Procura che cercano di capire le dinamiche familiari che hanno portato a questa tragica e violenta conclusione.
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