La tragica vicenda che ha scosso la comunità di Gemona del Friuli, in provincia di Udine, si arricchisce di nuovi dettagli dopo la confessione di Lorena Venier, madre di Alessandro Venier, il 35enne trovato morto e smembrato nella propria abitazione. La donna di 61 anni ha ammesso di aver ucciso il figlio durante un lungo interrogatorio con il magistrato, descrivendo il suo gesto come “mostruoso”. A farle compagnia in questa drammatica situazione è anche Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni, convivente di Alessandro, che secondo le prime indagini avrebbe condiviso con Lorena la pianificazione e l’esecuzione del crimine.
La confessione e la premeditazione
La confessione della madre è avvenuta il 31 luglio, durante una seduta di interrogatorio che ha messo in luce non solo la gravità del reato, ma anche la premeditazione che ha caratterizzato l’omicidio. Infatti, gli inquirenti hanno trovato prove che suggeriscono che Lorena e Mailyn avessero già:
- Acquistato della calce viva prima di commettere il delitto.
- Pianificato lo smaltimento del corpo del giovane.
Questa scoperta ha spinto la procura di Udine a contestare l’aggravante della premeditazione alle due donne, rendendo il caso ancora più inquietante.
Dinamiche familiari e motivazioni
Il procuratore aggiunto Claudia Danelon ha dichiarato che la dinamica dell’omicidio è ancora in fase di ricostruzione. Al momento, non è chiaro se una delle due donne abbia avuto un ruolo predominante nel delitto rispetto all’altra. La situazione è ulteriormente complicata dal malore accusato da Mailyn durante il suo interrogatorio, che ha richiesto un intervento medico. La giovane, originaria della Colombia, è stata trasportata in ambulanza dal carcere di Udine al pronto soccorso, ma secondo le informazioni diffuse, le sue condizioni non sarebbero gravi.
Lorena ha raccontato agli inquirenti che il delitto è avvenuto tra il 25 e il 26 luglio, circa una settimana prima della sua confessione. Le motivazioni che hanno portato a un gesto così estremo rimangono avvolte nel mistero. La donna ha affermato che Mailyn era “la figlia che non ha mai avuto”, suggerendo una dinamica complessa tra le due donne, che potrebbe aver influito sulle scelte fatte.
Il comportamento post-omicidio e le indagini
Il racconto di Lorena si fa sempre più inquietante, man mano che emerge il quadro della loro vita quotidiana. Dopo aver commesso l’omicidio, Lorena non ha mostrato segni di cambiamento nel suo comportamento: si è recata regolarmente al lavoro presso il Distretto sanitario di Gemona, dove ricopriva un ruolo di coordinamento come infermiera. Questo ha lasciato perplessi gli investigatori, che ora cercano di comprendere come sia stato possibile che una madre potesse tornare a vivere la sua vita come se nulla fosse accaduto dopo aver compiuto un atto così efferato.
Le indagini proseguono con il coinvolgimento di esperti forensi per analizzare le prove raccolte e per ricostruire nei minimi dettagli la scena del crimine. È emerso che, oltre alla calce viva, potevano esserci altri elementi utilizzati per occultare il corpo di Alessandro, e il loro esame potrebbe rivelare ulteriori dettagli sulla natura del delitto.
Il caso ha suscitato un ampio dibattito sia a livello locale che nazionale, con molti che si interrogano su cosa possa portare una madre a compiere un omicidio nei confronti del proprio figlio. La comunità di Gemona è sotto shock, e gli amici e i conoscenti di Alessandro si dicono increduli. La notizia ha anche sollevato domande sul supporto psicologico e sociale per le famiglie in difficoltà, un aspetto che potrebbe emergere nei prossimi sviluppi del caso.
Il giallo sul movente rimane quindi centrale, e mentre gli inquirenti cercano di fare luce su questo dramma familiare, la società si interroga su come sia possibile che tali tragedie possano accadere all’interno delle mura domestiche. Con l’udienza di convalida degli arresti fissata per il 2 agosto, ci si aspetta che ulteriori dettagli emergeranno e che possano fornire un quadro più completo del terribile evento.