Chirurgo sospeso sorpreso a operare in casa: il racconto di Carlo Bravi dopo il blitz dei carabinieri

Carlo Bravi, un chirurgo plastico di 73 anni già interdetto dalla professione, è tornato a far parlare di sé per un episodio che ha dell’incredibile. Sorprendentemente, è stato beccato dai carabinieri del NAS mentre eseguiva un intervento di otoplastica in un appartamento privato nel quartiere Quadraro di Roma. Questo evento ha sollevato interrogativi cruciali sulla sicurezza e sull’etica della medicina estetica.

L’intervento, effettuato su un letto matrimoniale, riguardava una paziente transessuale brasiliana di soli 22 anni. Il costo dell’operazione era di circa 500 euro, una somma che Bravi e la sua assistente, una ex infermiera di 65 anni, avevano deciso di dividere con il proprietario dell’immobile. Le condizioni igieniche dell’appartamento erano talmente precarie da allarmare i carabinieri: sporcizia, indumenti sparsi ovunque e la totale assenza di autorizzazioni sanitarie rappresentavano un chiaro indicativo di un’operazione clandestina e non professionale. Dopo il blitz, la giovane paziente è stata immediatamente trasportata al Policlinico Umberto I in codice rosso, sebbene non fosse in pericolo di vita.

Un piano ben congegnato per eludere i controlli

Le indagini hanno rivelato che Bravi aveva pianificato attentamente l’intervento per evitare i controlli delle autorità. Utilizzava l’auto dell’assistente, sposata con un dipendente pubblico, per cercare di nascondere le sue azioni illecite. Prima di raggiungere l’appartamento, Bravi effettuava diversi giri attorno al palazzo, tentando di non attirare l’attenzione. La casa in cui avveniva l’operazione era stata messa a disposizione da una famiglia di origine sudamericana.

Quando i carabinieri hanno contestato a Bravi la violazione del divieto giudiziario, il chirurgo ha tentato di minimizzare la situazione, affermando: «Ma gli stavo togliendo soltanto una cisti». Questa affermazione ha suscitato ilarità e incredulità tra gli agenti, dato il contesto e la serietà delle accuse.

Un passato carico di controversie

Non è la prima volta che Bravi si trova coinvolto in situazioni legali problematiche. È infatti sotto indagine per la morte di Simonetta Kalfus, una donna di 62 anni deceduta il 18 marzo scorso dopo un intervento di liposuzione. L’accusa è di omicidio colposo, e le indagini sono ancora in fase preliminare. In un altro caso, Bravi è accusato di sequestro di persona per aver operato una paziente contro la sua volontà, la quale si è risvegliata con punti e dolori dopo un intervento di cui aveva espressamente rifiutato la realizzazione.

Nel settembre 2023, Bravi è stato condannato a un anno di reclusione per lesioni colpose aggravate legate a un intervento di mastoplastica avvenuto nel 2017, che ha causato danni irreversibili alla paziente. Inoltre, il chirurgo è a processo per un altro caso di mastoplastica e addominoplastica combinata, dove è accusato di lesioni aggravate. Un terzo procedimento riguarda attività diagnostiche non autorizzate condotte nel suo studio di piazza Re di Roma, dove operava senza i necessari titoli abilitativi.

Conseguenze legali e implicazioni per la medicina estetica

La scoperta dell’operazione clandestina ha spinto la procura, con l’aggiunto Sergio Colaiocco e la pm Eleonora Fini a capo delle indagini, a valutare un inasprimento delle misure cautelari nei confronti di Bravi. Il divieto di esercitare la professione, inizialmente imposto dal gip Paolo Scotto Di Luzio per sei mesi a partire da fine marzo, si è rivelato inefficace. La situazione si complica ulteriormente per l’assistente di Bravi, che è apparsa piuttosto preoccupata durante il controllo e potrebbe aver partecipato a interventi clandestini anche in passato. Non si escludono misure più severe, come l’arresto, considerata la recidiva del chirurgo nonostante i divieti giudiziari.

Il caso di Carlo Bravi solleva interrogativi profondi sulla regolamentazione della medicina estetica in Italia e sulla necessità di garantire la sicurezza dei pazienti. La mancanza di controlli adeguati e le procedure spesso poco trasparenti possono mettere a rischio la vita e la salute di chi si affida a professionisti non qualificati. Le autorità competenti sono ora chiamate a riflettere su come migliorare la situazione e prevenire il ripetersi di simili episodi. La vicenda di Bravi è un campanello d’allarme che evidenzia l’urgenza di un intervento decisivo per garantire la tutela della salute pubblica nella pratica della chirurgia estetica.

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