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Il tragico caso di Alex Marangon, il venticinquenne di Marcon, ha catturato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica dopo la sua morte avvenuta il 30 giugno 2024 durante un festino sciamanico nell’abbazia di Santa Fosca di Vidor. Gli esami tossicologici effettuati sul suo corpo hanno rivelato un mix di sostanze stupefacenti, tra cui cocaina e ayahuasca, un’erba tradizionalmente utilizzata nei rituali delle popolazioni andine. Questi risultati hanno sollevato interrogativi sulle dichiarazioni dei partecipanti al rito e hanno aperto nuove strade nelle indagini.
Le analisi condotte dall’ospedale Burlo Garofolo di Trieste hanno evidenziato la presenza di cannabinoidi e MDMA nel sangue di Marangon. Questo mix di sostanze potrebbe aver generato uno stato di allucinazione, contribuendo alla sua caduta nelle acque del fiume Piave, dove il corpo è stato ritrovato due giorni dopo la sua scomparsa. I risultati tossicologici sembrano contraddire le affermazioni dei curanderos presenti quella sera, i quali avevano dichiarato che Marangon non aveva assunto alcuna sostanza stupefacente.
La questione legale ora potrebbe passare da un’ipotetica accusa di omicidio volontario a una di morte in conseguenza di altro reato, in particolare la cessione di stupefacenti. Questa evoluzione è supportata dalla testimonianza del medico legale, che ha sottolineato come l’assunzione di tali sostanze possa aver fatto perdere al giovane il senso del limite e della posizione. Il procuratore di Treviso, Giovanni Valmassoi, ha ricevuto la relazione tossicologica e le indagini continuano, con particolare attenzione alle ricerche online effettuate da Marangon sui rischi e sugli effetti della cocaina nei giorni precedenti al tragico evento.
La serata in questione è complessa. Marangon si era allontanato dal gruppo durante il rito sciamanico, che coinvolgeva circa venti partecipanti, tra cui i curanderos Sebastian Castillo e Jhonny Benavides. Testimoni affermano che il giovane appariva agitato e nervoso prima di scomparire. I curanderos lo avrebbero seguito per accertarsi delle sue condizioni, e sarebbe avvenuto un breve scambio di parole, che potrebbe aver incluso una colluttazione. In seguito, i partecipanti al rito avrebbero udito un tonfo, segno della caduta di Marangon da un terrapieno a strapiombo sul greto del fiume.
I familiari di Alex Marangon sono preoccupati per la possibilità che il caso venga archiviato come incidente, senza che venga fatta giustizia per la morte del loro caro. La paura è che la responsabilità possa essere ridimensionata, considerando la natura delle sostanze assunte e il contesto in cui si è verificata la tragedia.
Le indagini cercano di fare luce su questioni cruciali, tra cui il ruolo dei curanderos e le modalità di somministrazione delle sostanze. La giurisprudenza italiana prevede sanzioni severe per la cessione di stupefacenti, pertanto il cambiamento dell’ipotesi di reato potrebbe avere ripercussioni significative sui coinvolti. Gli inquirenti esaminano anche la dinamica degli eventi che hanno portato alla morte di Marangon, cercando di comprendere se ci siano stati segnali di allerta che avrebbero potuto prevenire la tragedia.
Il caso di Alex Marangon è emblematico di come pratiche ancestrali e moderne sostanze stupefacenti possano intersecarsi in modi pericolosi e mortali. Ciò solleva interrogativi non solo sulla sicurezza dei rituali sciamanici, ma anche sulla regolamentazione dell’uso di sostanze come l’ayahuasca, che in molti paesi è considerata legale. In Italia, la situazione è più complessa, e il caso di Marangon potrebbe portare a riflessioni più ampie sull’uso di queste sostanze in contesti non regolamentati e sull’importanza di garantire la sicurezza dei partecipanti a simili eventi.
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