Federica Anghinolfi è diventata una figura centrale nell’inchiesta nota come “Angeli e Demoni”, un caso che ha scosso profondamente l’opinione pubblica riguardo alla gestione dei minori in Italia. L’indagine ha rivelato un presunto sistema di sottrazione illegittima di bambini, con Anghinolfi identificata come uno dei principali protagonisti, etichettata dai media come uno dei “mostri” di Bibbiano. Questa narrazione ha avuto un impatto devastante sulla sua vita personale e professionale.
Anghinolfi è stata condannata a due anni di reclusione per falso in bilancio, legato a una fattura di poche centinaia di euro, ma ha ottenuto l’assoluzione per ben 60 capi di imputazione, tra cui accuse gravi come il falso ideologico e lesioni personali volontarie ai minori. Intervistata da Franco Giubilei per La Stampa, ha espresso la sua felicità per l’assoluzione, ma ha scelto di non partecipare alla lettura della sentenza in aula, affermando: «La mia immagine è stata troppo violata e non avevo intenzione di metterla a disposizione delle telecamere ancora una volta».
L’inizio dell’inchiesta
L’inchiesta ha avuto inizio alla fine del 2017, quando i carabinieri hanno cominciato a sequestrare documenti relativi a minori. Anghinolfi ha descritto le operazioni come un evento inaspettato, sottolineando la sua totale collaborazione con le forze dell’ordine. Ha dichiarato: «Non so perché sia iniziata questa indagine e non lo so ancora oggi». La sua esperienza nella Val d’Enza includeva una sinergia quotidiana con le caserme dei carabinieri, che considerava ben consolidata e proficua.
La perquisizione e il periodo di isolamento
Il racconto di Anghinolfi diventa drammatico quando parla della perquisizione della sua casa. Ha spiegato: «Mi dissero che dovevo nominare un avvocato, ma quello che avevo scelto era anch’esso coinvolto nell’indagine. Hanno perquisito la casa, portato via dispositivi e cellulari, poi mi hanno condotta al comando provinciale, dove ho dovuto subire il rilevamento delle impronte digitali e il test del Dna». Questa fase della sua vita è stata segnata da un profondo senso di vulnerabilità e isolamento. Ha trasformato gli arresti domiciliari in una sorta di esperienza monastica, scandendo la sua giornata con momenti di preghiera e meditazione.
Un nuovo inizio
Dopo questo periodo, Anghinolfi ha dovuto affrontare una nuova realtà. Ha raccontato: «Ho dovuto vendere la casa e allontanarmi», evidenziando momenti di depersonalizzazione che l’hanno segnata profondamente. Tuttavia, da questa esperienza dolorosa è emersa una nuova consapevolezza: «La verità e la bontà del nostro operare, la compassione verso chi soffre, non si sono mai allontanate dal mio essere». La sua resilienza è evidente nel suo impegno per la crescita personale; negli ultimi quattro anni, ha intrapreso un percorso di studi che l’ha portata a diventare counselor, coach e insegnante di mindfulness.
Anghinolfi ha sempre sostenuto che il suo lavoro non fosse di natura politica, ma piuttosto orientato ai diritti civili e al sostegno delle persone vulnerabili. Ha affermato: «Ho sempre visto e sperimentato nell’accoglienza quei contenuti dell’andare verso l’altro, che rende tutti più uniti, solidali e umani». Nonostante le accuse e le ingiustizie subite, la sua dedizione verso i più fragili non è mai venuta meno.
La crisi di Bibbiano ha sollevato interrogativi profondi sulla gestione delle politiche sociali in Italia, e il caso di Anghinolfi è emblematico di come le dinamiche politiche e sociali possano influenzare la vita di un individuo. La sua storia è un monito sulla necessità di garantire maggiore trasparenza e responsabilità nei servizi sociali, affinché episodi simili non possano ripetersi in futuro. Anghinolfi, ora lontana dai riflettori, continua a riflettere sulla sua esperienza, cercando di ritrovare un equilibrio in un contesto che l’ha messa alla prova in modi inimmaginabili.
La sua testimonianza dimostra che la lotta per la verità e la giustizia può assumere forme inaspettate, e che, anche nei momenti più bui, è possibile riscoprire la luce attraverso la compassione e l’impegno verso il bene comune.