Matilde Dalmasso, 19 anni, lotta contro un sarcoma raro e chiede aiuto per la ricerca

Matilde Dalmasso ha solo 19 anni e si trova a fronteggiare una delle sfide più difficili della vita: un sarcoma raro scoperto poco dopo aver conseguito il diploma di maturità. Originaria di Cuneo, Matilde ha deciso di condividere la sua storia attraverso i social media per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla ricerca oncologica e supportare l’Istituto di Candiolo, dove sta ricevendo le cure necessarie. La sua iniziativa rappresenta un grido d’aiuto e una battaglia per tutti coloro che lottano contro il cancro.

Matilde racconta: «Sono Matilde, ho 19 anni e un sarcoma raro. Aiutami a mandare avanti la ricerca per i tumori dei tessuti molli. Io voglio fare la differenza, e tu?». Le sue parole sono un invito collettivo a unirsi nella lotta contro una malattia che colpisce un numero sempre crescente di giovani.

La diagnosi e il percorso di cura

La diagnosi è arrivata in un momento che avrebbe dovuto essere di festa: la fine degli esami di maturità. «Era agosto. Avevo mal di schiena e linfonodi gonfi, pensavo fosse stress», racconta Matilde in un’intervista a La Stampa. Dopo alcune analisi del sangue, il suo mondo è cambiato. «Mi hanno chiamata dall’ospedale: qualcosa non andava. Si trattava di una massa nell’addome, non operabile». Il ricovero di 45 giorni ha segnato l’inizio di una nuova vita, caratterizzata da terapie e incertezze.

Matilde ha appreso della gravità della sua condizione quando i medici hanno parlato con i suoi genitori. Nonostante la diagnosi di un tumore pediatrico raro e la consapevolezza delle cure limitate, ha affrontato la situazione con determinazione. «Ho imparato molto, ora vivo alla giornata», afferma, sottolineando l’importanza di ogni singolo momento.

Durante il suo percorso di cura, Matilde ha dovuto affrontare 23 trasfusioni, una testimonianza della gravità della sua condizione. Nonostante le difficoltà, il suo spirito rimane alto. «L’opzione di non farcela non mi appartiene», sottolinea con determinazione. Ha recentemente completato 25 sedute di radioterapia e ora è in fase di chemio di mantenimento, riconoscendo che la sua storia può ispirare altri.

Ritorno alla normalità e relazioni

Il ritorno alla normalità è un obiettivo che Matilde non smette di perseguire. «Spero di riprendere l’università a settembre», racconta con ottimismo. La sua vita, inevitabilmente cambiata dalla malattia, la spinge a cercare di riappropriarsi di una quotidianità che le sembra lontana. «Anche se la vita di prima non sarà possibile, voglio tornare a vivere».

I rapporti con le persone attorno a lei sono cambiati, ma non nel modo in cui molti potrebbero pensare. «Ho chiesto a tutti di non guardarmi con occhi diversi», spiega Matilde. I suoi amici hanno rispettato questa richiesta, supportandola senza farla sentire diversa. Tuttavia, la malattia ha messo in luce chi realmente le sta accanto: «Alcune persone si sono allontanate, ma la malattia apre gli occhi». Ha imparato a distinguere le persone che la circondano, apprezzando di più coloro che le sono stati vicini nei momenti difficili.

Guardando al futuro

Guardando al futuro, Matilde adotta un approccio prudente. «Prima avevo aspettative chiare, ora vedremo», ammette, riflettendo su come la malattia abbia cambiato le sue aspirazioni. «Non credo farò l’avvocato come mio padre, ma non si sa mai». La sua volontà di continuare a condividere la sua esperienza è forte. «Mi sono resa conto che può essere importante per gli altri». Attraverso la sua testimonianza, Matilde spera di incoraggiare altri giovani a non arrendersi e a combattere per la loro salute.

L’Istituto di Candiolo, dove Matilde riceve le sue cure, occupa un posto speciale nel suo cuore. «È un posto che dà seconde possibilità. Mi sta consentendo di avere un’altra occasione. Ho fiducia in loro», afferma con gratitudine. La sua esperienza con i medici e il personale sanitario ha avuto un impatto profondo, non solo sulla sua condizione fisica, ma anche sul suo stato d’animo.

La storia di Matilde Dalmasso è un esempio di coraggio e determinazione, una testimonianza di come, anche nei momenti più bui, sia possibile trovare la forza per combattere e per fare la differenza. La sua battaglia personale per la ricerca oncologica è un appello a tutti noi: non dimentichiamo l’importanza della ricerca e del supporto ai giovani malati, perché ogni voce può contribuire a cambiare il corso della vita di molti.

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