La caduta degli imperi: palestinesi, copti e il ruolo di Trump nel sionismo

In un periodo storico caratterizzato da conflitti e tensioni, il regista palestinese Scandar Copti offre una riflessione profonda sulla speranza e sulla resistenza attraverso il suo ultimo lavoro cinematografico, Happy Holidays. Questo film, che arriverà nelle sale italiane il 3 luglio con Fandango, è il risultato di un processo creativo avviato in un momento di crisi, con le riprese svolte tra il 2020 e il 2022, ben prima degli eventi drammatici seguiti agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023.

Durante una serata speciale al Nuovo Sacher di Roma, introdotta dal regista e attore Nanni Moretti, Copti ha condiviso le sue riflessioni con l’ANSA, esprimendo il suo profondo rammarico per la situazione attuale a Gaza e in Cisgiordania, dove il genocidio dei palestinesi è una realtà quotidiana. “È molto difficile trovare la speranza con un genocidio in atto a Gaza, con i villaggi in fiamme in Cisgiordania e le persone che continuano a morire ogni giorno”, ha affermato Copti. Nonostante il dolore e la disperazione, l’artista ha sottolineato l’importanza di non perdere la speranza e di trasmetterla alle nuove generazioni.

La lotta per l’identità palestinese

Per il regista, la lotta per l’identità palestinese è una questione di resistenza culturale e morale. “Dobbiamo lottare per essere palestinesi. Essere qui a presentare il mio film è una forma di resistenza”, ha dichiarato, evidenziando il potere del cinema come strumento di denuncia e consapevolezza. Happy Holidays, vincitore del premio per la sceneggiatura nella sezione Orizzonti alla Mostra del Cinema di Venezia 2024, esplora le vite intrecciate di una famiglia israeliana e di una palestinese ad Haifa, offrendo uno spaccato delle tensioni sociali e intime che caratterizzano le relazioni tra le due comunità.

Il film racconta quattro storie che si incrociano, svelando la complessità delle interazioni tra donne di diverse generazioni. Attraverso l’uso di attori non professionisti, Copti riesce a creare un’atmosfera autentica e coinvolgente, dando voce a esperienze personali che riflettono la realtà collettiva dei palestinesi. “Molti spettatori mi hanno detto che in qualche modo sono riuscito a prevedere dove tutta quella tensione reciproca avrebbe portato”, ha affermato il regista, suggerendo che le dinamiche oppressive, sia patriarcali che militariste, colpiscono tanto gli oppressi quanto gli oppressori.

Riflessioni storiche e geopolitiche

Il discorso di Copti si sposta poi su una riflessione storica più ampia. “Non dobbiamo dimenticare la lezione della storia: niente dura per sempre”, ha detto, richiamando alla mente gli imperi che nel corso dei secoli sono caduti, da quello romano a quello ottomano, fino alla dominazione britannica in Irlanda. La sua analisi si concentra sul sionismo e sul sostegno di figure politiche come Donald Trump, il quale ha svolto un ruolo controverso nel sostenere le politiche israeliane. “Vedo il progetto sionista che va avanti, ma non dimentichiamo che tutte le dominazioni finiscono”, ha avvertito Copti.

Nato nel 1975, Copti è diventato noto al pubblico internazionale con il film Ajami, candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 2010, che ha co-diretto con Yaron Shani. La sua carriera è stata caratterizzata da una continua ricerca di verità e giustizia attraverso la narrazione cinematografica.

Un atto di resistenza

La sua opera più recente non è solo un film, ma un atto di resistenza contro l’oppressione e il silenzio. In un mondo in cui gli eventi geopolitici sembrano oscurare le vite quotidiane delle persone, Copti evidenzia l’importanza di raccontare storie che umanizzano le vittime e pongono interrogativi sulla giustificazione della violenza e dell’ingiustizia. Ogni immagine, ogni dialogo di Happy Holidays è impregnato di una profonda riflessione su come il passato influisca sul presente, e su come le cicatrici delle guerre e delle oppressioni possano essere curate attraverso la comprensione e l’empatia.

In questo contesto, il film di Copti diventa un importante strumento di dialogo, capace di unire le persone oltre le divisioni etniche e religiose. La sua visione è una chiamata all’azione, un invito a non rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza altrui e a riconoscere che la speranza, anche quando sembra lontana, è un elemento essenziale per costruire un futuro migliore. La lotta per la dignità e la giustizia continua, e attraverso il cinema, Copti dimostra che la narrazione può essere una forma potente di resistenza.

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