La testimonianza di una giovane tuffatrice, V., ha scosso profondamente il tribunale di Roma, dove si sta svolgendo il processo contro Andreas Sargent Larsen, un tuffatore di alto livello accusato di stalking. Quella che doveva essere una relazione gratificante si è trasformata in un incubo durato mesi, segnato da atti di violenza psicologica e fisica. V. ha raccontato dettagli inquietanti riguardo alla sua esperienza con Larsen, un atleta promettente nato a Copenaghen nel 1999 e con un passato come allenatore federale in una società romana.
inizio della relazione e comportamenti possessivi
La relazione tra V. e Larsen è iniziata nel giugno del 2021, quando lei aveva solo 15 anni e lui già 22. Inizialmente, V. si è sentita lusingata dall’attenzione di un atleta più grande e affermato. Tuttavia, la gioia iniziale si è rapidamente trasformata in paura e sottomissione. V. ha dichiarato: «Sin dal primo momento mi chiedeva foto e video per sapere dove fossi», evidenziando un comportamento possessivo e opprimente da parte di Larsen.
episodi di violenza e intimidazione
Uno degli episodi più drammatici è avvenuto nel settembre del 2021, dopo una sessione di allenamento. Un gesto innocente di V. ha scatenato la reazione violenta di Larsen. «In auto, ha cominciato a urlare e mi ha sbattuto la faccia sul volante. Pensavo di essermi rotta il naso, ero tutta rossa», ha raccontato V., aggiungendo che Larsen le ha fatto indossare una mascherina per nascondere il rossore. Questo episodio ha segnato l’inizio di una serie di atti di violenza che hanno caratterizzato la loro relazione.
V. ha descritto un periodo di persecuzione che è continuato anche dopo la rottura della loro relazione, avvenuta nel luglio del 2022. Per sei mesi dopo la fine della loro storia, Larsen ha continuato a contattarla ogni giorno, con messaggi intrisi di accuse e gelosia. V. ha affermato: «Stai aspettando un altro», rivelando la gravità della situazione.
conseguenze e riflessioni sul problema dello stalking
La situazione di costante intimidazione ha costretto V. a prendere una decisione drastica: trasferirsi negli Stati Uniti per continuare la sua carriera di tuffatrice e allontanarsi da un passato che l’aveva segnata profondamente. La vicenda di V. mette in luce non solo il dramma personale di una giovane atleta, ma anche una questione più ampia: il problema della violenza di genere e dello stalking, che colpisce in modo particolare le giovani donne in ambito sportivo.
Dopo l’apertura del processo, il tribunale federale ha sospeso Larsen dall’attività atletica per un anno, evidenziando la gravità delle accuse e l’importanza di tutelare le vittime di violenza. Questo caso ha innescato un dibattito nel mondo dello sport, dove le dinamiche di potere possono portare a situazioni di abuso, sia fisico che psicologico.
La testimonianza di V. rappresenta un importante passo avanti per tutte le giovani donne che possono trovarsi in situazioni simili. È fondamentale che le istituzioni sportive affrontino e prevengano comportamenti abusivi, educando gli atleti al rispetto e alla dignità degli altri. In un contesto in cui le storie di violenza e abuso continuano a emergere, è essenziale che la società si mobiliti per supportare le vittime e garantire che i colpevoli siano chiamati a rispondere delle loro azioni. La storia di V. non deve essere un caso isolato, ma un monito affinché si lavori insieme per un cambiamento reale e duraturo.