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Nella calda giornata di sabato 21 giugno 2025, Roma è stata teatro di un ampio corteo contro il riarmo europeo e le politiche militari del governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu. Centinaia di manifestanti, con indosso magliette e bandiere palestinesi, hanno sfilato per le strade della Capitale, partendo da Piazzale Ostiense e concludendo la loro marcia di fronte al Colosseo, simbolo dell’eterna città. Durante il percorso, slogan come «Nessuna guerra, nessun soldato, fuori dalla guerra e fuori dalla Nato» si sono levati nel caldo torrido, esprimendo un chiaro rifiuto della militarizzazione e un forte sostegno alla causa palestinese.
L’evento ha preso una piega drammatica quando, una volta giunti al Colosseo, i manifestanti hanno partecipato a un “die in”. Molti di loro si sono sdraiati su lenzuoli bianchi, mentre un audio ad altissimo volume riproduceva il suono di un bombardamento su Gaza per quattro lunghi minuti. Questo gesto simbolico intendeva attirare l’attenzione sulla sofferenza del popolo palestinese, concludendosi con un minuto di rumore assordante «contro il silenzio sul genocidio del popolo palestinese».
Le proteste hanno assunto toni di forte dissenso contro i leader politici che, secondo i manifestanti, avrebbero avallato le operazioni militari israeliane. Durante il corteo, le bandiere dell’Unione Europea, di Israele e della NATO sono state bruciate, accompagnate dalla distruzione simbolica di una fotografia del presidente americano Donald Trump, vista come rappresentante di un sistema di oppressione. Le voci dei partecipanti si sono unite in un coro di indignazione, con uno striscione che recitava: «Bruciamo i simboli dell’oppressione».
Il malcontento si è indirizzato anche verso figure politiche italiane, con cartelli che ritraevano Elly Schlein, leader del Partito Democratico, e Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, in abiti mimetici. Accusate di aver sostenuto decisioni belliche, i leader sono stati rappresentati come complici delle politiche di guerra, con riferimenti a:
La frase «Nessuna delega a chi ha votato per la guerra» ha risuonato tra le fila dei manifestanti, a sottolineare un rifiuto collettivo nei confronti di chi, secondo loro, ha tradito i principi di pace e giustizia.
Tra le voci a sostegno della manifestazione, spiccava quella del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. In un contesto di crescente tensione internazionale e di conflitti armati, le sue parole hanno assunto un significato particolare. Parolin ha dichiarato: «È bene che ci sia una mobilitazione in generale per evitare la corsa al riarmo», esprimendo la necessità di una riflessione profonda sulla pace e sul disarmo. Questa affermazione si inserisce nel contesto di un appello più ampio fatto da Papa Francesco, il quale ha richiesto misure concrete per affrontare questioni come la fame nel mondo e la conversione del debito.
Il supporto del Vaticano ha aggiunto una dimensione ulteriore alla protesta, evidenziando come la questione della pace e della giustizia non sia solo una questione politica, ma anche etica e morale. L’appello del Papa a costruire un fondo per combattere la fame utilizzando i proventi destinati agli armamenti è un invito a ripensare le priorità globali in un mondo segnato da conflitti e tensioni.
Il corteo ha avuto anche un forte impatto visivo, con manifestanti che hanno sventolato bandiere palestinesi e lanciato fumogeni colorati, creando un’atmosfera di fervore e determinazione. La partecipazione di diversi gruppi e associazioni ha fatto sì che la protesta fosse non solo un momento di dissenso, ma anche una celebrazione della solidarietà umana e dei diritti civili.
Mentre il sole calava su Roma, il messaggio della manifestazione è stato chiaro: una richiesta di un mondo libero da conflitti e dalla militarizzazione, un richiamo alla coscienza collettiva affinché ci si opponga non solo alle guerre, ma anche alle cause che le generano. Le immagini della protesta, con le bandiere incendiate e i cartelli di denuncia, rimarranno impresse nella memoria collettiva come un simbolo della lotta per la pace e la giustizia.
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