Alfonso Porpora: il mistero del delitto irrisolto e il cadavere senza testa dopo 17 anni

La risoluzione di uno dei casi di omicidio più inquietanti nella storia recente dell’Alto Adige ha finalmente visto la luce. Il 21 febbraio 2008, lungo l’autostrada del Brennero, nei pressi di Chiusa, fu rinvenuto un cadavere privo di testa all’interno di uno scatolone. Solo ora, dopo diciassette anni, è stata confermata l’identità della vittima: Mustafa Sahin, un ventenne tedesco di origini turche, ucciso dal suocero Alfonso Porpora, un uomo di 61 anni di origini siciliane. Porpora è attualmente in carcere in Germania, condannato all’ergastolo per altri due omicidi, avvenuti con la stessa brutale modalità: strangolamento e smembramento delle vittime.

Chi era Mustafa Sahin

Mustafa Sahin era un giovane padre che viveva a Sontheim an der Brenz, in Germania, con la figlia di Porpora e i loro due figli piccoli. Il suo legame con la famiglia Porpora era complesso e caratterizzato da tensioni. Secondo i rapporti della stampa tedesca, Porpora aveva forzato Mustafa a sposare sua figlia dopo che questa era rimasta incinta, ma non aveva mai accettato la loro unione. Dopo la sua misteriosa scomparsa, Porpora aveva persino costretto la figlia a dichiarare alle autorità che Mustafa si era allontanato volontariamente, cercando così di depistare le indagini.

La dinamica dell’omicidio

Le circostanze attorno alla morte di Mustafa Sahin sono agghiaccianti. Secondo le ricostruzioni, il giovane fu strangolato nel garage di casa da Porpora, che non ha mai fornito un movente chiaro per il suo gesto. Dopo aver compiuto l’omicidio, Porpora avrebbe caricato il cadavere in auto e lo avrebbe abbandonato lungo l’autostrada del Brennero. Gli esami sul corpo di Sahin, eseguiti al momento del ritrovamento, rivelarono che la morte era da attribuire ad asfissia, senza segni di lotta. Questo ha reso la situazione ancora più misteriosa, poiché non vi erano elementi per comprendere se Sahin fosse stato colto di sorpresa o se avesse tentato di difendersi.

Le indagini iniziali non avevano portato a risultati significativi; le impronte digitali prelevate dalla scena del crimine non erano state correlate a nessun sospetto, né in Germania né nei paesi limitrofi. Il caso sembrava destinato a rimanere irrisolto, finché la confessione di Porpora in carcere non ha riaperto le porte su questo oscuro capitolo.

Il riconoscimento del cadavere

Solo dopo la confessione di Porpora, avvenuta in un contesto di detenzione per altri crimini, la polizia del Baden-Württemberg ha cominciato a collegare il corpo di Sahin a quello ritrovato in Alto Adige. La Squadra mobile della Questura di Bolzano è stata coinvolta, e dopo aver ricevuto le foto del cadavere, la moglie di Porpora ha potuto riconoscere il corpo del giovane, corroborando l’identificazione con il confronto del DNA, realizzato anche grazie ai campioni forniti dai due figli della vittima.

Gli altri delitti di Porpora

La macabra storia di Alfonso Porpora non si ferma a Mustafa Sahin. Nel 2014, Porpora uccise un altro compagno della figlia, strangolandolo in un garage, esattamente come fatto con Sahin. Dopo aver nascosto il corpo in un congelatore, Porpora smembrò la vittima con una motosega, disperdendone i resti in un bosco nei pressi di Enna, in Sicilia. Questo secondo omicidio ha cementato l’immagine di Porpora come un individuo pericoloso e instabile, capace di agire con una freddezza sconcertante.

Nel 2018, Porpora fu coinvolto in un ulteriore omicidio: quello del proprietario del garage che aveva preso in affitto. Dopo aver legato l’uomo nel tentativo di estorcergli la firma su documenti, Porpora lo uccise, continuando una spirale di violenza che ha portato a una condanna all’ergastolo.

I suoi figli, complici nei crimini, stanno scontando pene detentive di 9 e 15 anni, mentre Porpora continua a scontare la sua pena in un carcere tedesco, dove la sua figura è stata etichettata dai media come il “padre-killer di Sontheim”. La sua storia è una testimonianza inquietante delle dinamiche familiari distorte e della capacità dell’odio di manifestarsi in modi inimmaginabili. La risoluzione del caso di Mustafa Sahin non solo offre un po’ di giustizia per la vittima e la sua famiglia, ma riporta alla luce anche la complessità e l’oscurità che talvolta si celano dietro le facciate delle famiglie apparentemente normali.

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