Boyle e il suo Oscar: un premio custodito in una scatola misteriosa

Danny Boyle, il celebre regista britannico, ha recentemente condiviso alcune riflessioni sulla sua carriera durante una masterclass tenutasi alla Casa del Cinema. Questo incontro è stato organizzato in occasione dell’uscita del suo nuovo thriller horror distopico, “28 anni dopo”, un film che segna un ritorno al mondo post-apocalittico già esplorato nel suo iconico “28 giorni dopo” del 2002. La nuova pellicola, con attori di spicco come Jodie Comer, Aaron Taylor-Johnson e Ralph Fiennes, arriverà nelle sale il 18 giugno, distribuita da Eagle Pictures.

un aneddoto sull’oscar

Durante la masterclass, Boyle ha rivelato un aneddoto affascinante riguardo al suo Oscar vinto per la regia di “The Millionaire”, un film che ha trionfato in otto categorie agli Academy Awards. Con un sorriso, ha raccontato di come inizialmente avesse posizionato la statuetta su uno scaffale, pensando di poterla ammirare di tanto in tanto. Tuttavia, ha poi scoperto che, in realtà, era l’Oscar a scrutarlo: “L’ho messo in una scatola”, ha confessato, evidenziando come la pressione e le aspettative derivanti da un riconoscimento così prestigioso possano diventare opprimenti.

l’importanza di ricominciare

La masterclass si è aperta con la proiezione di 28 minuti in anteprima del suo nuovo film, un evento che ha attratto un pubblico numeroso e appassionato. Boyle ha spiegato che per ogni progetto, anche dopo un grande successo come “The Millionaire”, è necessario “ricominciare da zero, dal primo gradino”. Ha sottolineato come i vantaggi di un Oscar possano svanire rapidamente, dimostrando l’importanza di rimanere umili e concentrati sulla creatività.

influenze cinematografiche

Nato nel 1956 a Radcliffe, in Inghilterra, Boyle ha scoperto il cinema in giovane età, grazie a “La battaglia dei giganti” di Ken Annakin. Ha rivelato che George Lucas si sarebbe ispirato a questo film per il nome del personaggio di Star Wars, evidenziando l’importanza delle influenze cinematografiche. Tuttavia, il film che ha lasciato un’impronta indelebile nella sua carriera è “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola, un’opera che ha definito “immensa” e che ha avuto un forte impatto su di lui.

il successo internazionale

Il successo internazionale per Boyle è arrivato con il suo secondo film, “Trainspotting” (1996), che ha segnato una pietra miliare nella sua carriera. “Ho capito che era fondamentale rimanere coi piedi per terra e utilizzare il successo per realizzare il progetto successivo”, ha osservato, sottolineando l’importanza di capitalizzare le opportunità offerte dal successo. Un esempio di questo approccio è “127 ore”, un film basato sulla vera storia di Aron Ralston, un alpinista intrappolato in una gola che ha dovuto amputarsi un braccio per salvarsi.

Durante l’incontro, Boyle ha discusso dell’importanza del cinema sul grande schermo, evidenziando come l’esperienza collettiva di guardare un film insieme a un pubblico sia irrinunciabile. “I signori della tecnologia ci incoraggiano a radicare la nostra vita sui loro strumenti di comunicazione”, ha dichiarato. “Ma il cinema è una straordinaria esperienza collettiva, come una partita di calcio, e non si può assolutamente perdere”.

In qualità di spettatore, Boyle ha rivelato di apprezzare anche i blockbuster, affermando: “Mi piace tutto ciò che crea una connessione”. Tuttavia, ha anche espresso la sua riserva riguardo alla possibilità di lavorare con grandi studi e star del calibro di quelle presenti nei film di grande successo. “Ho visto ‘Mission: Impossible’, ma non lo dirigerei”, ha detto con un sorriso.

Con il suo stile distintivo e la sua capacità di raccontare storie coinvolgenti, Boyle continua a essere una figura di spicco nel panorama cinematografico internazionale. I suoi film non solo intrattengono, ma invitano anche a riflettere su tematiche profonde e universali. Con “28 anni dopo”, Boyle sembra pronto a riconquistare il pubblico, portando avanti la sua missione di esplorare e sfidare i confini del cinema contemporaneo.

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