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Emanuele De Maria, un detenuto modello di 35 anni, ha recentemente attirato l’attenzione dei media nazionali a causa di un episodio drammatico avvenuto a Milano. La sua fuga dal carcere di Bollate, seguita da un accoltellamento, ha sollevato interrogativi sulla sicurezza e il trattamento dei detenuti in Italia. De Maria ha accoltellato un collega barista, Hani Fouad Abdelghaffar Nasr, di 50 anni, a pochi passi dall’Hotel Berna, dove lavoravano entrambi. Questo tragico evento ha scosso la comunità e ha messo in luce una storia complessa di riabilitazione e violenza.
In un’intervista a Confessione Reporter, De Maria ha descritto il suo tempo a Bollate come un periodo di riscatto. “A Bollate la dignità umana viene ripristinata. Il lavoro mi rende libero. I colleghi mi accettano,” ha dichiarato, evidenziando il suo percorso di riabilitazione. Tuttavia, il giorno prima della sua fuga, ha compiuto un atto di violenza inaspettato.
Emanuele De Maria non è un criminale qualsiasi; il suo passato è segnato dall’omicidio di Oumaima Racheb, nota come “Emma”, avvenuto nel 2018. Dopo la condanna, era stato trasferito a Bollate, dove aveva iniziato a lavorare come receptionist. Negli ultimi due anni, De Maria aveva trovato un posto di lavoro e, secondo le fonti, aveva un contratto a tempo indeterminato. Durante questo periodo, ha dimostrato abilità linguistiche, parlando cinque lingue, e aveva frequentato l’università per tre anni senza completare gli studi.
La sua fuga, avvenuta subito dopo l’accoltellamento, ha riacceso la paura e la preoccupazione per la sicurezza pubblica. Si sospetta che De Maria possa essere fuggito in Olanda o in Germania, paesi dove aveva già trovato rifugio nel 2018.
Le indagini si sono intensificate anche per la scomparsa di Arachchilage Dona Chamila Wijesuriya, una collega di De Maria. La donna, di 50 anni e madre di due figli, non si è presentata al lavoro lo stesso giorno in cui De Maria è fuggito. Le autorità stanno concentrando le ricerche nelle aree limitrofe al Parco Nord e in alcuni appartamenti di Niguarda.
Le speranze di ritrovarla in vita si affievoliscono con il passare delle ore, creando un clima di ansia tra colleghi e familiari. Le indagini stanno cercando di stabilire se ci sia un collegamento tra l’aggressione di De Maria e la scomparsa della Wijesuriya, con le autorità che esaminano ogni pista.
In questo scenario complesso, la questione del trattamento dei detenuti e della loro reintegrazione nella società emerge con forza. De Maria era visto come un esempio di riabilitazione, ma questo episodio solleva interrogativi su quanto sia fragile questo processo. La sua fuga e la violenza commessa gettano un’ombra su programmi che mirano a dare una seconda possibilità ai detenuti.
La situazione è in continua evoluzione, e i dettagli sull’accaduto sono ancora in fase di raccolta. Le autorità stanno lavorando per garantire la sicurezza della comunità e per fare luce su entrambe le vicende. La storia di Emanuele De Maria è un monito sul delicato equilibrio tra giustizia, riabilitazione e sicurezza pubblica in un contesto complesso come quello italiano.
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