Emanuele Michieletti: il primario di Piacenza al centro di gravi accuse di molestie

Emanuele Michieletti, primario del reparto di radiologia dell’ospedale di Piacenza, è al centro di un grave scandalo di molestie sessuali che ha scosso l’ambiente sanitario locale. A sessant’anni, Michieletti è accusato di aver perpetrato ben 32 episodi di molestie in un periodo di soli 45 giorni, un caso che ha suscitato indignazione e preoccupazione non solo tra le vittime, ma anche all’interno della comunità medica e dei pazienti.

Le accuse e le indagini

Secondo le indagini condotte dalla procura di Piacenza, diretta dalla procuratrice Grazia Pradella, le accuse contro il primario sono di una gravità inaudita. Le forze dell’ordine sono state allertate dopo che una dottoressa, all’inizio di gennaio, ha denunciato un episodio di violenza. Michieletti, mentre la medico era nel suo ufficio per discutere di questioni relative al piano ferie, avrebbe chiuso a chiave la porta, costringendola a subire un’aggressione. L’intervento di un terzo medico, che ha bussato in quel momento, ha interrotto l’atto violento. Dopo aver subito l’aggressione, la dottoressa si è rivolta alla direzione dell’Ausl, che l’ha incoraggiata a presentare denuncia. Da quel momento è iniziata un’inchiesta che ha rivelato un clima di paura e omertà all’interno dell’ospedale.

Le indagini hanno utilizzato telecamere nascoste e intercettazioni telefoniche, rivelando un comportamento sistematico e predatorio da parte del primario. Le testimonianze delle vittime hanno messo in luce un ambiente di lavoro in cui le molestie erano una pratica diffusa, con Michieletti che si vantava delle sue conquiste sessuali con i colleghi. Le vittime, molte delle quali in uno stato di prostrazione, sembravano incapaci di opporsi alle avance del primario, che utilizzava il suo potere e la sua posizione per intimidire e manipolare.

La carriera di Michieletti

Nato a Vercelli e laureatosi a Milano, Michieletti era un medico ben noto nella comunità piacentina, spesso intervistato dai media e considerato una figura influente per il suo ruolo e le sue connessioni. La sua carriera include anche contributi significativi nel campo della radiologia, come la pubblicazione di un articolo sulla rivista scientifica “Radiology”, dove proponeva un nuovo metodo per la prognosi del Covid-19. Michieletti era attivo anche nel promuovere la prevenzione del cancro al seno attraverso eventi di screening.

Tuttavia, al di là della sua carriera professionale, la sua vita privata si è rivelata problematica. Le denunce nei suoi confronti sono arrivate a dieci e includono accuse di stalking nei confronti delle sue vittime. Il suo comportamento è stato descritto come una continua ricerca di soddisfazione sessuale, che lo distraeva dalle sue responsabilità professionali e dal benessere dei pazienti. Le vittime, spesso convocate nel suo ufficio tramite annunci pubblici, si sono trovate in situazioni di vulnerabilità, costrette a subire molestie e violenze.

Conseguenze e riflessioni

Un aspetto inquietante di questa vicenda è la presenza di “amanti consenzienti”, che Michieletti avrebbe coinvolto in relazioni extra-lavorative, rendendo la situazione ancora più complessa. Il suo studio legale ha rifiutato di rilasciare dichiarazioni, mentre la sindaca di Piacenza, Katia Tarasconi, ha mantenuto un profilo basso, rifiutandosi di commentare le accuse.

Le conseguenze di queste accuse sono già evidenti. La direzione dell’ospedale ha avviato un’indagine interna, mentre le forze dell’ordine continuano a raccogliere prove e testimonianze. Il clima di omertà che ha caratterizzato l’ospedale di Piacenza diventa un tema centrale in questa vicenda, con molte donne che temono di esporsi e denunciare le molestie subite, per paura di ritorsioni o di non essere credute.

Questo caso di molestie sessuali in ambito ospedaliero ha riacceso il dibattito su come le istituzioni sanitarie gestiscono le denunce di violenza e come le gerarchie interne possano spesso ostacolare la denuncia di comportamenti inappropriati. La paura di ritorsioni e il timore di danneggiare la propria carriera spesso portano le vittime a rimanere in silenzio, perpetuando un ciclo di abusi che deve essere spezzato.

Inoltre, il caso di Michieletti solleva interrogativi sul ruolo delle istituzioni nella protezione delle vittime e sulla necessità di creare un ambiente di lavoro sicuro e rispettoso per tutti. L’attenzione mediatica su questa vicenda potrebbe contribuire a sensibilizzare l’opinione pubblica e a spingere per riforme necessarie affinché simili abusi non possano ripetersi in futuro. La comunità di Piacenza e l’intero sistema sanitario italiano si trovano ora a dover affrontare le conseguenze di questi atti e a riflettere su come garantire un ambiente di lavoro sano e privo di violenze.

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