Alemanno denuncia il carcere italiano: sovraffollamento e detenuti ottantenni in una diagnosi senza cura

Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, ha riacceso l’attenzione sulla situazione critica delle carceri italiane con il suo rientro nel carcere di Rebibbia a gennaio 2023. Condannato a un anno e dieci mesi per traffico di influenze, ha collaborato con il detenuto Fabio Falbo nella stesura di una lettera indirizzata al ministro della Giustizia Carlo Nordio. Questa missiva non è solo un grido d’allerta, ma un appello per evidenziare le emergenze che affliggono il sistema penitenziario italiano.

ingiusta detenzione e risarcimenti

Uno dei temi principali affrontati nella lettera è l’ingiusta detenzione, un fenomeno che ha portato a un numero allarmante di richieste di risarcimento. Alemanno e Falbo evidenziano che ben 1.180 domande sono state presentate per ingiusta detenzione, con un costo complessivo di circa 27,4 milioni di euro. Questo dato mette in luce un sistema che, secondo i due detenuti, ignora i diritti dei cittadini più vulnerabili.

la questione degli ultraottantenni

Un’altra questione scottante riguarda l’atteggiamento dei tribunali di sorveglianza nei confronti degli ultraottantenni. Nonostante le indicazioni della Corte costituzionale, molti detenuti di età avanzata vedono rigettate le loro istanze di accesso a misure alternative alla detenzione. La lettera riporta testimonianze di ultraottantenni nel carcere di Rebibbia che continuano a subire questa ingiustizia. Alemanno e Falbo affermano: «Non si deve morire in carcere perché non ci sono cure adeguate. Questo è inammissibile».

sovraffollamento e riforma penitenziaria

Il sovraffollamento è un altro problema cruciale che non può essere trascurato. La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, nota come sentenza Torregiani, aveva fissato un termine nel 2012 per risolvere l’emergenza del sovraffollamento carcerario. Tuttavia, a distanza di oltre dieci anni, le condizioni di vita all’interno delle carceri italiane rimangono insostenibili. Alemanno e Falbo propongono di attuare la riforma avanzata da Roberto Giachetti, esponente di Italia Viva, come primo passo verso una soluzione.

In sintesi, la lettera di Alemanno e Falbo si inserisce in un dibattito più ampio sulla giustizia e sulla necessità di un rinnovamento del sistema penitenziario italiano. La situazione carceraria tocca molteplici sfaccettature, dalla giustizia sociale alla salute mentale, dall’inclusione sociale alla dignità umana. Le loro parole rappresentano un invito a non dimenticare i più vulnerabili e a garantire che il carcere non diventi un luogo di abbandono, ma un’opportunità per una vita dignitosa, anche dietro le sbarre.

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