Trent’anni per Marco Toffaloni: le testimonianze chiave sulla strage di piazza della Loggia e l’assenza di carcere

Il 28 maggio 1974, piazza della Loggia a Brescia è stata teatro di una delle più tragiche stragi della storia italiana. Un ordigno esplosivo, collocato in un cestino, esplose durante una manifestazione sindacale, uccidendo otto persone e ferendone altre 102. Questo evento ha segnato profondamente la vita della città e si inserisce in un contesto di violenza e terrore noto come strategia della tensione, che ha caratterizzato gli anni Settanta in Italia. A distanza di oltre cinque decenni, la giustizia sembra aver fatto un passo avanti, identificando e condannando Marco Toffaloni a 30 anni di reclusione per la sua responsabilità in questa strage.

Il tribunale per i minorenni di Brescia ha emesso la sentenza il 3 aprile 2025, dopo otto ore di camera di consiglio. La condanna rappresenta una pietra miliare in un processo che ha visto l’emergere di testimonianze chiave. Tra le prove più significative, spicca la testimonianza di Gianpaolo Stimamiglio, un ex esponente del movimento neofascista, che ha raccontato di un incontro con Toffaloni in un hotel di Peschiera del Garda. Durante questo incontro, il giovane avrebbe fatto riferimento al suo coinvolgimento nella strage dicendo: «A Brescia gh’ero mì». Questo fraintendimento e la sua apparente noncuranza nel rivelare la sua identità hanno contribuito a chiarire il suo ruolo nell’attentato.

Un’altra testimonianza cruciale proviene da un ex vicino di casa di Toffaloni, che ha riportato un colloquio in cui il giovane sosteneva di voler fuggire in Svizzera per sfuggire a false accuse di incendio di auto. Tuttavia, il vicino ha rivelato che Toffaloni insinuava di essere ricercato per un coinvolgimento in qualcosa di ben più grave, lasciando intendere che le autorità non fossero a conoscenza della vera natura delle sue attività.

La situazione attuale di Marco Toffaloni

Nonostante la condanna, il futuro di Marco Toffaloni, oggi 67enne e residente in Svizzera con il nome di Franco Maria Muller, appare incerto. La Svizzera ha già comunicato al tribunale di Brescia la sua decisione di non procedere all’estradizione, in virtù di un sistema giuridico che prevede la prescrizione per il reato di strage. Questo significa che, indipendentemente dall’esito del processo, Toffaloni non dovrà scontare nemmeno un giorno di carcere. La situazione è complicata ulteriormente dalla legislazione svizzera, che differisce notevolmente da quella italiana, non prevedendo l’ergastolo per reati di tal genere.

La fuga di Toffaloni in Svizzera non è una novità per gli addetti ai lavori. Il giovane ha trovato rifugio nel Cantone dei Grigioni, dove ha vissuto in relativa tranquillità per anni. La Svizzera ha sempre mostrato una certa reticenza nell’estradare i suoi cittadini, specialmente in casi che coinvolgono reati di natura politica o di terrorismo, creando una sorta di “paradiso” per molti ex militanti di gruppi estremisti.

La complessità della giustizia italiana

Questo caso riporta alla ribalta non solo le ferite mai rimarginate della strage di piazza della Loggia, ma anche i lunghi e complessi percorsi della giustizia italiana, spesso ostacolati da questioni giuridiche e politiche. Nel 2017, erano stati condannati all’ergastolo i mandanti della strage, Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, ma la loro condanna non ha mai portato a una chiusura definitiva del caso.

Le testimonianze emerse nel corso del processo di Toffaloni mettono in luce non solo il suo coinvolgimento diretto, ma anche il clima di omertà e complicità che caratterizzava il movimento neofascista di quel periodo. La condanna rappresenta un importante passo verso la verità, anche se la mancanza di un’effettiva pena detentiva per il condannato lascia un senso di impotenza e frustrazione tra le vittime e i loro familiari.

La ricerca di verità e giustizia

La questione della giustizia per le vittime della strage di piazza della Loggia rimane aperta, e la ricerca di verità e responsabilità continua a essere un tema centrale nel dibattito pubblico italiano. La storia di Marco Toffaloni e della strage di Brescia è un monito per le generazioni future, affinché non si dimentichino gli orrori del passato e si continui a lottare per la giustizia e la memoria.

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